Il mito, la storia, l'architettura, l'arte, ad Aci Sant'Antantonio



Via Regina Margherita
Via Regina Margherita

LA STORIA DEL "PICCOLO BORGO"

 

L' anno 1169 a seguito di una forte eruzione accompagnata da forte scosse di terremoto, gli abitanti lasciarono la parte costiera e si ritirarono in queste amene contrade ricche di boschi e di abbondante legname; qui diedero vita al piccolo borgo di Casalotto.
Nel I 408 questo borgo fu minacciato da una colata lavica che si fermò poco distante dal piccolo borgo; le preghiere degli abitanti a S. Antonio abate scelto come loro patrono e protettore riuscirono a fermare il pericolo.
Lotte interne con la vicina Aquilia indussero gli abitanti di Casalotto e dei borghi vicini a chiedere al viceré di Palermo la separazione da Aquilia Vetere; questa fu ratificata nel 1640 a firma dei luogotenente cardinale Giannettino Doria arcivescovo di Palermo.
L'11 di Gennaio dell’anno 1693 fu un giorno di grande lutto perché un terribile terremoto, di proporzioni mai registrate, distrusse l’intera Sicilia orientale: ad Aci S. Antonio perirono 143 persone e vennero abbattute tutte le chiese tranne quella dei padri mercenari.
Il 1700 fu il secolo d' oro per Aci S. Antonio. Pittori scultori architetti, valenti mastri d' opera si avvicendavano per la ricostruzione e l'abbellimento dei maggiori edifici. Opere pregevoli di questo periodo furono:la chiesa di S. Antonio Abate, quelle di S. Biagio e di S. Michele arcangelo, il palazzo Reggio Carcaci, il palazzo Puglisi il palazzo Gagliani. L' 800 vide consolidarsi la ricca borghesia terriera e lo sviluppo dell'attività commerciale con la vicina città di Catania. Largo impiego in questa attività commerciale ebbe il carretto che fu riccamente ornato da valenti mastri carradori.

 


Chiesa Madre S. Antonio Abate
Chiesa Madre S. Antonio Abate

 L'architettura Santantonese tra storia e mito

Si narra che Aci Sant'Antonio e le altre Aci trassero la propria origine da Xiphonia, misteriosa città greca oggi del tutto scomparsa; alcuni dicono si trovasse tra i comuni di Aci Catena e Aci S.Antonio. I poeti Virgilio e Ovidio fecero nascere il mito della fondazione alla storia d'amore tra una ninfa chiamata Galatea ed un pastorello chiamato Aci, e del ciclope Polifemo. In epoca romana esisteva una città chiamata Akis, che partecipò alle guerre puniche. La piccola cittadina santantonese offre al visitatore mille e inaspettati bellissimi scorci. Edifici come Palazzo Riggio-Carcaci (o villa Paternò-Carcaci), Palazzo Amico, l'ex sede comunale risalente ai primi del '700 (oggi sede della biblioteca), Palazzo Spitaleri, Casa Maugeri avente il più bel portale in pietra lavica della cittadina (oggi adibito a caserma dei carabinieri), il collegio della "Santa Maria della Provvidenza" risalente ai primi dell'Ottocento, Palazzo Puglisi risaliente alla metà del '700 a testimonianza del ricco patrimonio barocco santantonese. A ciò si aggiunge l'ancor più ricco patrimonio di chiese come la Chiesa Madre del santo patrono Sant'Antonio Abate risalente alla metà del Seicento ma con origini assai più antiche(1530 circa), la chiesa di San Michele Arcangelo risalente alla fine del Seicento, la chiesa di San Biagio di cui si hanno tracce sin dal 1592,la chiesa di S.Maria delle Grazie risalente al 1690 circa. Non tutti sanno che Aci S.Antonio è la patria del carretto siciliano. Ancora conserva botteghe in cui è possibile ammirare la sapiente e spettacolare arte dei maestri "carradori" e dei maestri pittori (come Nerina Chiarenza e Domenico Di Mauro). Sulle sponde dei carretti vengono raffigurate le ormai celebri scene appartenenti alla tradizione cavalleresca (Orlando, Carlo Magno) e personaggi come Sant'Alfio e i suoi fratelli, Sant'Agata e Santa Rosalia.

 


Carretti siciliani Aci Sant'Antonio
Carretti siciliani Aci Sant'Antonio

DOMENICO DI MAURO E'/E IL CARRETTO SICILIANO

 

 

Domenico Di Mauro nasce il 4 aprile 1913 ad Acireale dove trascorre, tranne qualche breve periodo, tutta la sua vita. Figlio di Venera Sorbello casalinga e di Stefano Di Mauro, ciabattino e barbiere ha praticato, ancora adolescente, l’arte del carretto quando a 12 anni comincia a frequentare la bottega del suocero Antonio Zappalà “ Minicu u’surdu”, da tutti considerato un grande maestro del colore.

 

Il carretto, per diversi decenni nel secolo scorso, è l’unico mezzo per trasportare il vino, l’olio e la farina (e gli attrezzi da lavoro) e ad Aci S. Antonio c’è una fiorente tradizione di maestri carrettieri al punto che annovera, addirittura ben 25 maestri d’arte, i migliori dei quali sono considerati dei veri e propri caposcuola.

 

Ricordo, a questo proposito Antonio Pappalardo considerato il migliore in assoluto, Antonio Torrisi, maestro nell’arte del disegno, Giuseppe Bottino costruttore di carretti e Gaspare Zappalà, famoso costruttore anche di altarini. Aci S. Antonio, grazie a questi maestri dell’arte del carretto, è così famosa nella nostra penisola al punto che la stessa famiglia reale, il re Vittorio Emanuele III con la Regina Elena viene in visita nel paese nel 1925 per ammirarvi le tante botteghe artigianali e per conoscere soprattutto “Minicu  u’surdu”, riconoscendo pubblicamente il suo grande talento artistico.

 

Vincenzo Di Mauro è il primo maestro carrettiere che segue l’apprendistato del maestro Minicu Di Mauro  che nel tempo ha avuto altre guide che non hanno lasciato però un segno profondo nella sua formazione. Nel 1934 Minicu Di Mauro lascia il paese natio per assolvere per due anni il servizio militare nel 94° fanteria in diverse città del nord del nostro paese a Fano, Pesaro, Bologna, ecc... Nel 1936 ritorna e sposa la moglie Sebastiana Zappalà che sarà la donna della sua vita. Mettendo su famiglia si mette anche in proprio, aprendo una sua bottega da dove usciranno moltissime sue creazioni. In questo periodo, il suo carattere indipendente e libertario, incapace di sopportare le prepotenze e le angherie gli fa capire la natura autoritaria e populista del fascismo e comincia a scoprire la politica, la sua estrazione sociale e l’indole lo spingono prima ad avvicinarsi e poi a far parte del movimento socialista, al quale resterà  fedele per tutta la vita.

 

Durante il fascismo vive l’esperienza della militanza e rischia per le sue idee anche di andare al confino che riesce ad evitare protetto dall’anonimato del piccolo paese, che in questo senso lo aiuta.

 

Dopo l’8 settembre e l’inizio della lotta di liberazione, per la grinta e per il suo carattere schietto viene eletto Sindaco ed è nominato presidente dell’URRA (poi ECA) un ente che distribuisce i viveri inviati dagli americani ai bisognosi, dimostrando la sua onestà  di uomo e di amministratore.

 

Nel 1946, c’è stato il Trattato di Yalta, ritorna a fare il semplice cittadino e riprende l’attività di pittore, che non aveva comunque abbandonato con ulteriore intensità, anzi allarga la scelta dei soggetti dei suoi quadri privilegiando episodi anche di satira politica.

 

Intanto, tanti anni di lavoro l’hanno, per così dire, raffinato, grazie al suo talento il “suo carretto” è diventato una ricercata opera d’arte. La sua ricerca cromatica, la sapienza del suo disegno, la sua sensibilità figurativa gli consentono di trasferire le atmosfere vive e palpitanti della  Sicilia in modo sempre più plastico sulla sua tavolozza. Risale, invece, agli anni del dopoguerra il suo incontro con CARLO LEVI, pittore, grande scrittore e antifascista come lui. L’occasione che fa scattare una grande amicizia tra i due è una campagna elettorale per le elezioni politiche, Levi ha una grande stima per Domenico Di Mauro e gli suggerisce di praticare la pittura su tela, ma il  nostro preferisce di continuare sulla sua strada. C.Levi verrà a trovarlo spesso e ogni volta che sarà a Catania una puntata nella sua bottega diventerà immancabile. La politica e la pittura il loro legame. Alla fine degli anni ‘50 conosce CORRADO CAGLI, per la mostra internazionale di pittura di Acitrezza e quella con Cagli sarà un’altra amicizia significativa della sua vita.

 

Nel ‘70 è invitato alla mostra internazionale dell’artigianato a Firenze, accetta l’invito e inizia il primo di tanti altri viaggi, Successivamente va a Milano su invito dell’Unesco per dipingere le fiancate di un carretto a Piazza Duomo. All’estero si reca l’anno dopo, alla festa dell’ “Umanitè” di Parigi nel parco

 

“ La Corneuve ”, qui rappresenta la Sicilia nel padiglione “tourisme et travail” un ente con 1200 dipendenti e 75 villaggi presenti nel mondo. In quella occasione quasi un milione di visitatori può ammirare l’artista al lavoro sui portelli e sulle fiancate dei carretti, il successo è tale che il responsabile dell’evento gli chiede di tornare per esporre un carro completo l’anno dopo che riesce a esporre addirittura nel  museo etnologico più importante del mondo, il “Museè dell’Homme” di Parigi dove tuttora si trova, ottenendo un grande successo.

 

L’esperienza parigina lo segna profondamente e allarga ulteriormente i suoi orizzonti spingendolo ad arricchire il suo repertorio con soggetti di tipo classico ed operistico: la Boheme , il Lohengrin, la tradizione storica del nostro paese, la mitologia greca diventano altre possibili scelte che sollecitano il suo estro che è nello stesso tempo innocente e originale.

 

Nel 1979 un’alta personalità che gestisce i rapporti commerciali italo-inglesi gli commissiona un carretto che sfilerà con due gruppi folkloristici durante una parata davanti alla regina Elisabetta e anche per l’occasione invitato a Londra, a spese del governo inglese, ma preso dalle sue abitudini e dal timore per la lontananza rinuncia. Nel 1983 per la manifestazione internazionale “Etna D’oro” la commissione nominata dal Ministro della Pubblica Istruzione gli assegna il primo premio strappandolo,  addirittura ad un gigante, che si chiama R.GUTTUSO con la seguente motivazione “Caposcuola, insigne maestro della pittura folkloristica, Domenico Di Mauro ha contribuito a diffondere con i suoi colori la storia di un alone di millenarie tradizioni”.

 

Della sua pittura ormai famosa, si sono frattanto interessati e s’interessano in molti il poeta SALVATORE QUASIMODO, SALVATORE FIUME, CORRADO CAGLI, ANDREA ZANZOTTO, il Prof. BARBERI  SCQUAROTTI e anche un grande storico dell’arte ENZO MAGANUCO che va a trovarlo spesso nella sua bottega dove si ferma a lungo fornendogli nelle tante amichevoli conversazioni, spunti, suggerimenti, consigli. A Domenico dice che “deve avventurarsi nel mondo della pittura a tela, ma che non deve però allontanarsi troppo dai suoi carretti”.

 

Di Mauro non ha difficoltà ad accettare l’invito, conosce bene qual è la sua vocazione, quei pannelli suscitano su di lui un’attrazione irrefrenabile, il gioco delle tinte, la ricerca della luce, le stesse decorazioni pittoriche, le raffigurazioni geometriche, l’impostazione della prospettiva stimolano continuamente la sua vena realistica e la sua fantasia creativa. “I masciddari”, (le fiancate del carretto) nel suo linguaggio pittorico, trasfigurati da una pulsione ingenua ed originale diventano un’altra cosa.

 

Dopo aver imparato dagli altri è venuto il tempo di imparare da se stessi, pennellata dopo pennellata giorno dopo giorno, con ore e ore di duro lavoro.

 

La pittura, “man mano che la si fa”, dice il maestro, “apre la mente. Non basta l’inclinazione, questa va esercitata, curata, messa continuamente sotto esame, perché diversamente si svilisce e diventa inerte”.

 

Oggi, nonostante la sua veneranda età, novantaquattro anni, Domenico Di Mauro dipinge ancora nella sua bottega ad Aci S. Antonio, con lui dipinge il cognato Antonio Zappalà, anche lui figlio d’arte e suo indispensabile collaboratore e degli apprendisti, alcuni usciti dall’Accademia di Belle Arti ed altri che cercano di seguire il suo cammino. Avere degli apprendisti è per lui una delle gioie più grandi, si rende conto che la sua potrebbe essere un’arte in estinzione, per questo continua una sua personale battaglia, continuare a dipingere, (ha commissioni che arrivano fino al 2010). Far spegnere questa tradizione affascinante e densa di cultura è un vero delitto, è inutile rincorrere “La ville lumiere” e i marciapiedi di  Mont Matre o il quartiere dell’Accademia di Brera nella speranza che soli in certi luoghi una persona acquista il carisma dell’artista, perché non è solo nella vita avventurosa del bohèmien che si può scoprire la dimensione della creatività, ma anche a due passi dalla propria casa.

 

 

 

Filippo Laganà da Akis